Dal Volumetto: "Oratorio
S. Giovanni Bosco 1953-2003"

l'Oratorio compie 50'anni.
Le loro Testimonianze.


Un cuore di 50 anni

Parigi, 19-07-03

Ero studente liceale e di teologia quando dirigevo il Grest dell'Oratorio. Ogni anno, alla fine di giugno, provato dalla fatica della scuola in Seminario, tornavo ad Arzago per dedicarmi all'attività giovanile, una prova essenziale per la preparazione al sacerdozio. Davo una mano nei campi a papà Gaspare, che esigeva da me solo un po' d'aiuto per la raccolta del fieno, e, poi, via di corsa all'Oratorio per entusiasmare quei cento e più ragazzi, molti dei quali oggi sono maturi padri di famiglia.
Erano momenti di gioia, di divertimento e di vita educativa. C'era l'entusiasmo di fare qualcosa per gli altri, di partecipare attivamente alle iniziative della comunità parrocchiale e di aiutare la gioventù arzaghese nella sua crescita umana e spirituale. L'Oratorio era ed è il cuore del paese, cuore che batte con il sangue di tutti. Una realtà viva, un corpo materiale e spirituale, che è cresciuto con il sacrificio di chi l'ha voluto e di chi l'ha reso più bello. Il segreto della sua riuscita è lo scambio proporzionale di amore tra il dono e l'impegno. Esso è luogo di coscienza e di formazione, di riflessione e di preghiera, di catechesi e di evangelizzazione, di vita e di fede, valore pedagogico e realtà educativa, accanto alla famiglia e alla scuola.
L'Oratorio di Arzago ha visto la totale donazione di tanti sacerdoti, diaconi, suore e collaboratori laici, tutti mossi dallo spirito del Vangelo e dalla coscienza ecclesiale. La salute del cuore sta nell'armonia delle sue componenti. Il ritmo, il calore e il colore del sangue, ma anche la densità e la purezza dei suoi elementi. Invecchia pur restando giovane. Ha bisogno di assidue cure e di numerose attenzioni, che nascono dalla volontà di educare alla vita e alla fede, mediante la catechesi e la comunione fraterna.
Far vivere e rinnovare lo spirito è il segreto della sua salute. Per questo, si impone una riflessione, un restauro, una purificazione di questo cuore.
Sono cambiati i tempi, sono cambiati i metodi. Da criteri di merito e di premio, si è passati al senso di maggiore responsabilità e di condivisione. Bisogna fidarsi, si deve collaborare, bisogna osare. In Oratorio è imperativo lascarsi plasmare dallo spirito del Signore e dalla volontà degli educatori. Siamo tutti come vasi d' argilla nelle mani del vasaio. Il Signore gira e rigira questa creta, riceviamo una forma e poi siamo pronti alla testimonianza. Cambiano i metodi ma non la sostanza, restano la gioia e il vero amore.

don Eliseo
mons. Elieso
Vescovo titolare di Vibiana
Nunzio Apostolico in Camerun
e Guinea Equatoriale

Ricordi indimenticabili

Cremona S. Felice

Quando don Gianni mi ha detto se scrivevo un articolo sulla mia esperienza maturata e vissuta all’Oratorio, perché c’era l’intenzione di festeggiare i 50 anni di fondazione, è nato in me, subito, un senso di gioia. Perché la festa fa parte della più ampia attività rituale dell’uomo e richiama sempre alla collettività, al gruppo, alla comunità; non si festeggia da soli ... la festa è soprattutto un momento comunitario. Già per il popolo di Israele la festa era diventata "memoriale", ricordo, della continua irruzione del Signore nella storia e nella vita del popolo. Far festa significa: "ricordare" le grandi opere di Dio e riconsegnarle alle nuove generazioni. Così deve essere la "festa anniversario" del nostro Oratorio: celebrare la memoria storica per riconsegnarlo alle generazioni di questo tempo e di quelle che verranno.
Ricordare... Sicuramente ha per me un valore grandissimo! Mi ritornano alla memoria innanzitutto volti di persone amiche che tanto hanno dato alla mia vita e che ora non ci sono più; di persone che tuttora mantengono rapporti di sincera e profonda amicizia che né il tempo né la distanza hanno scalfito; mi ricordo di avvenimenti che hanno scandito il tempo della mia giovane vita e che piano - piano mi hanno aiutato ad essere quello che sono.
Tra le persone non posso ricordare i due sacerdoti che hanno accompagnato la mia vita giovanile fino al sacerdozio: don Erminio e don Ferdinando. Due persone diverse tra loro come carattere e modo di porsi, ma ricche di valori e profondamente ancorate al Signore e al loro essere preti ... in eterno. Quante discussioni, quante chiacchiere, soprattutto nelle sere d’estate mentre, seduti nel cortile dell’Oratorio si cercava di sentire un po’ di fresco che non sempre c’era.
Come dimenticare gli anni stupendi dei Grest organizzati assieme ad Eliseo (pardon S. E. mons. Eliseo Ariotti): anni intensi, ricchi di lavoro, di incontri con svariati ragazzi ognuno diverso dall’altro, con esigenze diverse, modi di sentire e di vivere diversi: questo imparare fin da ragazzo a conoscere e condividere esperienze di vita con tanti miei coetanei, mi sarebbe servito moltissimo in seguito.
E ... i tornei di calcio ... chi li può scordare (soprattutto la gloriosa squadra dell’Apollo 11!) quanti anni sono passati; eppure sono ancora molto vivi in me, come i momenti formativi in Oratorio o presso il Santuario di Caravaggio; come quelle ore di catechismo fatte al mattino presto nelle aule dell’Oratorio prima di andare a scuola, dove, per svegliarci bene, facevamo impazzire le varie catechiste di turno; vero suor Albertina? Tutto questo è il ricordo, ma per me il presente?
Credo che l’Oratorio, anche se in forme nuove, non abbia perso il suo fascino, anzi celebrare i 50 anni di vita ci porta a riflettere per scoprire tutto il valore; che è quello di, attraverso il gioco, la preghiera, l’amicizia, la gioia del condividere alcune scelte della vita impegnate, educare le persone ad essere adulti responsabili e cristiani coscienti ed autentici.

Don Natalino
Direttore ufficio
Missionario della
Diocesi di Cremona

Buon compleanno Oratorio

Cremona, 12-08-03

Queste poche righe vorrebbero essere il racconto semiserio di uno che, uscendo di casa, attraversava la strada, ed era già in Oratorio: cioè viveva l’Oratorio e si appassionava alla vita d’Oratorio al punto tale che lo sentiva come qualcosa di inseparabile dalla sua stessa vita. Fin da piccolissimo la parola "Oratorio" ha fatto parte del mio vocabolario. Infatti mia mamma, ancora in tenera età, mi ha condotto all’Oratorio (non quello vero) ma quello delle Suore che, comunemente, chiamavamo "Asilo" e che la Domenica pomeriggio si tramutava in Oratorio femminile. Lì i miei ricordi sono nitidi: rivedo ancora (proprio come se fosse oggi) il cortiletto, pavimentato per metà da sassi e l’altra metà da cemento, protetto dalla muraglia e ombreggiato da grossi e profumati tigli, la bella grotta di Lourdes, l’edificio dell’asilo con la statua dell’Angelo custode all’ingresso, le aule, la cucina delle suore; ma in modo particolarissimo rivedo i volti e la fisionomia delle mie prime educatrici: la buona superiora suor Romana, quella della "scuola del lavoro" (la più giovane e anche la più bella) suor Candida, la severa ma tanto e tanto brava maestra suor Ampelia. Furono queste care Suore che mi prepararono ai Sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Erano tanti anni fa, purtroppo.
Col passare delle classi elementari si poteva finalmente accedere all’Oratorio (quello vero per eccellenza), quello che distava una cinquantina di metri da casa mia: bastava attraversare la strada. Si aprivano così le porte del mondo dei grandi. Non li cito, questi grandi, per la paura di dimenticarne qualcuno. Essi vivono tutti nella mia mente e nel mio ricordo affettuoso. Sapevano incantarmi per la bravura e la passione che ci mettevano nel gioco del calcio, del bigliardino, del ping-pong, del basket ... Erano anche bravi nell’organizzare la vita oratoriale propria e dei più piccoli. Chi di noi non ricorda, per citarne uno solo, gli attesissimi e bellissimi mesi estivi in cui veniva organizzato "il Villaggio della gioia" con i tanti giochi, quiz, gite ..., i cartelloni con i punteggi ..., e i bagni nella roggia Forcone?... Qui non posso fare a meno di citare alcuni personaggi che furono in quegli anni, per me, punti di riferimento: i seminaristi di allora (diventati "grandi", nel vero senso della parola, col passare degli anni): "Eliseo" (ora addirittura Arcivescovo e Nunzio Apostolico) e Natalino (che non solo è un valido parroco ma ricopre l’incarico di Direttore responsabile dell’Ufficio Missionario della diocesi). Con loro un ricordo tanto affettuoso e riconoscente alla buona e cara signora Rosa (solo Dio sa il bene che ha voluto e quanto ha lavorato per l’Oratorio di Arzago), e poi l’impareggiabile, bravo e attivo Ilario: il mio delegato, il mio catechista (era il tempo delle "fiamme bianche rosse e verdi"). Proprio qualche giorno fa’ sfogliando un vecchio quaderno di scuola a righe dalla copertina nera, ho trovato lo svolgimento di un tema che la maestra (una maestrina santa) Erminia Stucchi ci aveva fatto fare. Titolo: "Parla di una persona che ti ha colpito" ed io ho descritto e parlato di uno di questi "grandi".
Poi vennero gli anni della contestazione e anche l’Oratorio subì tutti gli scossoni che la società stava vivendo, ma sotto l’occhio vigile di don Erminio siamo maturati e cresciuti senza lasciare la via maestra, come capitò, momentaneamente, ad altri.
Assistei anche, mentre era vicario don Natale, all’unione dei due oratori, maschile e femminile. Fu un approccio prudente e intelligente che rispecchiava i mutamenti in atto in tutta la società.
In quegli anni venne trasferito in altra parrocchia don Erminio, il "signor parroco", tanti anni di vicinanza ci avevano insegnato a rispettarlo, ma soprattutto ad amarlo. Arrivò don Ferdinando, più giovane di anni e volenteroso di inserirsi in un ambiente che già camminava con le proprie gambe. Accanto a lui i vicari don Giuliano, prima e don Sergio, poi. Con questi tre preti, ero diventato adulto anch’io nel frattempo, lavorai parecchio condividendo le preoccupazioni, le delusioni ma anche le gioie e le speranze.
Ad un certo punto, diventato nel frattempo prete, ho dovuto "abbandonare" per forza maggiore il mio Oratorio, ma il rapporto con i vecchi e mai dimenticati amici e con gli attuali Responsabili (il parroco don Gianni e il diacono Gigi) contribuiscono a non interrompere quei legami che fanno parte della mia storia personale la quale passa attraverso l’Oratorio, fulcro efficiente della vita parrocchiale.
Storia personale che si concluderà un giorno, attraversata la strada, non in Oratorio ma in quella Chiesa parrocchiale dove, con il Battesimo, era partita. Ma io non ho fretta e se anche "Lui" non ne avesse... forse, fra cinquant’anni, sarei ancora qui a parlare di suor Ampelia, suor Candida, don Erminio, la signora Rosa…. e a dire: "buon compleanno, Oratorio".

Don Flavio
Segretario del Vescovo
della Diocesi di Cremona

Umile e grande

Trovo molto bello che i "festeggiamenti" per i 50 anni del nostro oratorio iniziano con la celebrazione eucaristica dell’otto Settembre. La Chiesa celebra in questo giorno la festa della natività di Maria. Questa coincidenza mi sembra molto significativa anche perché il mistero della piccola Maria ci può aiutare a riflettere sulla storia del nostro Oratorio. Nella festa dell’otto Settembre, celebrano la nascita della Vergine, ricordiamo le modalità con cui Dio opera nella storia dell’umanità. Dio infatti sceglie ciò che è debole e indifeso per confondere i sapienti e i forti: ha scelto Israele, il più piccolo tra i popoli; ha scelto Davide... ha scelto Maria la sua umile serva. Questo elenco si corona con la scelta definitiva: l’incarnazione. Cristo nostro fratello ha infatti scelto definitivamente la povertà della condizione umana.
Maria nascente, accostata dalla liturgia alla piccola Betlemme, ci ricorda in modo chiaro le costanti dell’amore e dell’agire di Dio per l’umanità. L’icona della Vergine bambina mi ricorda numerosi aspetti, la mia esperienza d’Oratorio. In entrambe queste realtà possiamo cogliere degli aspetti di piccolezza e povertà e una grande apertura verso la speranza.
L’aspetto della "povertà" possiamo leggerlo anche in molti aspetti della vita del nostro Oratorio.
Guardando la sua storia si riscontrano, infatti, degli anni di difficoltà e svuotamento. Finita la forte ed avvincente esperienza degli anni settanta le file dei giovani che hanno vissuto con entusiasmo ed impegno la vita dell’Oratorio si sono assottigliate. Verso la fine degli anni settanta e per il decennio degli anni ottanta la vita dell’Oratorio non è stata nutrita da un gruppo di giovani e forse per questo ha impedito la formazione di altri giovani capaci di garantire il ricambio vitale della vita oratoriana. Mi sembra significativo sottolineare che anche oggi i miei coetanei, fatta qualche eccezione, nessuno partecipa alla vita dell’Oratorio. Queste difficoltà o carenze possiamo quindi evidenziarle come "povertà".
Mi sembra però giusto evidenziare i segni di speranza che ho visto ed ammirato nella vita dell’Oratorio. Vorrei infatti ringraziare il Signore per l’operato di tante persone che hanno speso energie per il nostro Oratorio. Penso alle catechiste, agli animatori dell’ACR, a don Giuliano, a don Sergio (di cui ricordo l’impegno per rinnovare le feste dell’Oratorio... e tanto altro) e soprattutto don Ferdinando che ha accompagnato 22 anni della mia vita. Del Pacoro così lo chiamavo da piccolo) ricordo con ammirazione la costanza, la voglia di fare nonostante l’età e il grande spirito di preghiera.
Mi sembra bello e significativo accostare l’Oratorio all’immagine della Vergine Nascente.
Maria accoglie in sé povertà e apertura alla grazia diventando così segno di speranza. Lei piccola e umile serva ha collaborato all’ingresso di Cristo nella storia dell’uomo. Il nostro Oratorio con tutti i difetti e povertà ha collaborato ad educare cristianamente generazioni di giovani. Quello di permettere l’incontro con Cristo dei ragazzi e giovani è, infatti lo scopo e il fine principale dell’Oratorio.
Il segno della Vergine Maria ricorda a tutti noi che la prima parola è quella della Grazia del Signore. Guardare alla storia del nostro Oratorio con questa ottica significa riconoscerne, quindi, il primato. Molte volte infatti Dio riesce a comunicarsi anche nelle difficoltà e negli insuccessi (significa inoltre riconoscere che “tutto è Grazia”). Questi 50 anni sono, infatti dono di Grazia che va ben oltre il successo o l’insuccesso dell’operare delle persone.
Penso a questo primato di Grazia sia il cardine su cui costruire il futuro del nostro Oratorio.
Questo non deve svilire il nostro impegno. Anzi, contando sulla grazia e sull’amicizia di Cristo occorre fare nostre le parole che il Vangelo applica ad un’altra Maria (quella di Betania) "ha fatto tutto quello che era in suo potere di fare ..."


Angelo Maffioletti
Seminarista