mura del Castello e resti colonna romana

Storia Arzaghese
Il Paese perduto nell'oblio

dal volume Geradadda

Pubblicato nel 1973

Cassa Rurale e Artigiana di Treviglio

Autori: T. Santagiuliana, A. Mochi


Arzago antica, antichissima, svanita nel nulla o sprofondata, forse, nella campagna che circonda il paese odierno.
Antichissima sì, se avesse ragione quel suo figlio, a noi ignoto, il quale afferma che il suo nome deriverebbe da "arsaigh", in celtico "antico", sicché i celti Galli, giungendovi nel V secolo avanti Cristo, l'avrebbero trovata già vecchia sul posto, fondata dagli Etruschi a dir poco.
Ma noi, che delle etimologie e di altre prove del genere ci fidiamo quanto dei preparati per ridare i capelli alle teste calve, lasciamo credere nell'affermazione a chi voglia.

Ciò non toglie però che, se non etrusca e gallica, ma perché no? Arzago sia stata sicuramente romana.
Vi sono trovate numerose monete di rame e d'argento de IV secolo dell'era volgare e noi stessi vi abbiamo rinvenuto alcune tombe romane, mentre sappiamo per certo che vari oggetti del tempo, statuine e fibule, furono raccolte da altri.

Inoltre il fatto che Taido(1) ne ricordi, nel suo testamento del maggio 774, la chiesa di S. Lorenzo, con il titolo di "ecclesia" che si dava alle capopieve, distinguendole dalle comuni "basilicae", attesta che Arzago doveva già da tempo essere un centro di rilievo.

Qui ci sarebbe da risolvere un dubbio, in quanto Arzago, che fino alla metà del secolo scorso era circondata da un terreno in buona parte acquitrinoso, avrebbe dovuto essere, nel medioevo, se non parte del Lago Gerundio, moltissimo esposta agli straripamenti dell'Adda.
La "costa", cosiddetta, presumibile sponda del lago in quella zona, si trova infatti ad oriente di Arzago, e l'Adda sta ad occidente e, se è vero che il paese antico si spingeva verso la Cascina Ravaiola, cioè verso e sopra la costa, è anche vero che la chiesa di San Lorenzo si è sempre trovata dove anche oggi sorge, nella parte bassa del luogo.
Ma un piccolo mistero, secondo noi, in ogni storia ci sta bene, e lo lasciamo perciò insoluto.
Le prime notizie di Arzago, dopo le precedenti, non escono gran che dal quadro solito della Geradadda: da un lato compare il conte di Bergamo, o qualcuno dei suoi, con possessi e diritti feudali sul posto, e dall'altro è l'immancabile vescovo di Cremona, anche lui coi i suoi bravi diritti feudali e diocesani.
Così nel 965, per una permuta fra il vescovo Liutprando e certo Negri "de lege romana", quindi di stripe italiana, di terreni posti in "fundo Angilo" e della chiesa di S. Nazario "in curte Wateri", che non può essere, come fu detto, Palazzo Pignano ed era comunque "in plebatu Arciaici", nella pieve di Arzago.
Così nel 1019 e nel 1021, quando un certo Wido de Rivoltella vende i beni "in Ambreciate in adiacentia Arciaigo" al vescovo di Cremona, così nel 1022, per donazione che Bonifacio di Toscana e la moglie Richilda fanno, sempre al vescovo.
Ma nel 1031 un documento d'altro genere c'informa che, nella lotta per le libertà comunali fra i cremonesi e il loro vescovo, alleato dell'arcivescovo Ariberto, questi occupa tre porte di Cremona e ne assegna una ai suoi parenti di Arzago e di Dovera.

Notizia interessante, perché non sono pochi coloro che affermano che il famoso Ariberto sarebbe stato arzaghese , e non da Intimiano, che sarebbe cioè stato della famiglia dei Capitani d'Arzago.

La notizia ci dice insieme che ad Arzago, oltre agli interessi bergamaschi e cremonesi, c'erano anche quelli di Milano.
Arzago cioè era in quella fascia di terra lungo l'Adda, che da Dovera a Casirate (dove ci fu un altro arcivescovo milanese del secolo X, Adelmano Menclossi) era sotto forte influenza milanese.
Occupata nel 1037 da Gerardo, nipote di Ariberto, fu più tardi restituita a Cremona, che, se con questo non riuscì a farne un suo stabile possesso feudale, vi affermò però la giurisdizione spirituale.

E del 1135 la sentenza pronunciata da Litifredo, vescovo di Novara, nel contrasto fra il vescovo cremonese Oberto e l'arcivescovo di Milano, sentenza che assegnò alla pieve di Arzago le chiese di Cassano d'Adda.
La pieve comprendeva, come risulta da un documento cremonese del 1206, Cassano, Casirate, Azzano, Parandino, Agnadello, Curti Wateri e Calvenzano.

Nel 1186 il solito intervento del Barbarossa, che donava il paese a Milano.
Da allora Arzago segue la storia della Geradadda, cioè non ha più una storia sua, nemmeno quando entra anch'essa a fare parte del Marchesato di Caravaggio.
Delle sue memorie antiche non è rimasto quasi più niente.
San Lorenzo, che ancora a metà del primo Ottocento era "rustica e bassa" e conservava almeno un arco di volta di squisita, antica fattura, è oggi una chiesa decorosa sì, ma totalmente rinnovata, in cui di storia antica non c'è nulla da leggere.
Il castello, che fu dimora medioevale dei Capitani d'Arzago, è ridotto ad alcuni muri di costruzione assai più recenti, che hanno tutta l'aria di aspettare un idoneo colpo di vento per dissolversi al suolo.
Rimane, superstite, la mezza colonna romana, che il podestà soleva abbracciare, quando, prendendo possesso della sua carica, giurava di servire fedelmente Arzago.
La quale dovrebbe essere, per molte vestigia, sottoterra, specialmente in direzione della Ravaiola, verso cui, leggiamo, corrono le fondamenta di un muro antico e robusto.
Esempio perfetto, fra quanti se ne possano citare, di quella Geradadda perduta, di qui parlavamo agli inizi del nostro discorso.

(1)Taido, gasindo (= vassallo) del re Desiderio.