Dal Volumetto: "Oratorio
S. Giovanni Bosco 1953-2003"
l'Oratorio compie 50'anni.
Noi lo ricordiamo così.
L'Uratore
Mes Secol 'l'è pasàt
me però so 'ü fürtünàt,
perché dopo tante fadighe
so che amò a scrif sò do righe.
Per rigurdàs e festegià con sudisfasiù
al nost uratore a cinquant'agn da la so inaugürasiù.
Me ma sa rigorde, 'l'era al melanofcentcinquantatrì.
Martedè vòt desèmber
'na data che 'n de la storia de Arsàc sa rigordem semper.
Apena finìt la cùstrüsiù
s'a facc söbet l'inaugürasiù.
Gh’era töte i porte 'erte
Per vèt chél che gh'è stacc facc con i noste uferte,
uferte generuse, face per an mutìf miràt
mes-ciade 'nsema a l'impegn e i sacrefess dè don Elio al cüràt.
E per püdì dì finalmènt
a gh'èm pò noter an post aculient
an duè uspità i nòs-c giuegn, i nòs-c bagai
per vedei pö an strada e pudì 'ütai,
e insegnaga a töcc na eta giösta, sana
unesta, laburiusa e cristiana.
Per Arsàc le stacia 'n roba impurtànt, an unür
pò per i nos-c giuegn, preòs-c, cüracc e regiùr.
Angelo Messaggi
L’ho visto "nascere"
Condensare in poche righe i ricordi dei molti anni trascorsi nell’Oratorio
è una impresa ardua. Infatti i mie ricordi incominciano con la casa del
curato, definita impropriamente Oratorio. In quella casa si misero le
fondamenta del nuovo Oratorio e dei giovani che l’avrebbero frequentato.
Quanti sogni per noi ragazzi di allora all’orizzonte, inconsapevoli del
significato della parola Oratorio. Vedevamo in esso un luogo per potersi
riunire e giocare. Ma nell’Oratorio saremmo stati cresciuti, educati ai
sani principi morali e civili. Infatti questo era e rimane tuttora lo
scopo dell’Oratorio: educare ragazzi e giovani al difficile cammino della
vita.
I primi mesi dopo l’arrivo di don Elio vennero usati per amalgamare i
giovani ed i ragazzi, poi si misero le basi per la nuova struttura.
Ricordo la sera quando don Elio, riunendoci nella sala del ping-pong,
ci mostrò il disegno del nuovo Oratorio.
A dire il vero non avevo capito quasi nulla di quei disegni, però il
prospetto della facciata mi era subito piaciuto. Anche in questo modo
nasceva il nuovo Oratorio.
Il 23 Dicembre 1952 venne posta la prima pietra. Seguirono mesi di trepida
attesa, lo vedevamo crescere e come tutti i ragazzi di allora, non appena
me ne capitava l’occasione, mi intrufolavo tra i pilastri, incurante dei
pericoli del cantiere. Scoperto venivo scacciato dagli operai, ma la voglia di
entrare era troppa e così molte sere, in gruppo con altri ragazzi, si
scavalcava la cinta di protezione, si entrava e si sognava ad occhi aperti.
Finalmente si prospettava per noi ragazzini un nuovo campo di pallone e
pensavamo che quel campetto sarebbe stato solo nostro, mentre i giovani
sarebbero andati ancora al vecchio campo sportivo.
L’8 Dicembre 1953 il nuovo Vescovo Danio Bolognini venne ad Arzago per
l’inaugurazione. Venne posta una lapide a ricordo di quell’evento.
Finalmente era arrivato il grande giorno: l’Oratorio S. Pio X (allora si
chiamava così) era una realtà. Noi ragazzi eravamo al settimo cielo,
avevamo una sala per i giochi, le aule per le adunanze e per il catechismo
e potevamo trovarci in ambienti sani sotto tutti i punti di vista.
Ricordo le interminabili partite con il gioco del monopoli, le gare a
ping-pong, potevamo sentire la musica (anche se avevamo solo musica
classica, brani tratti da opere famose, molte di Giuseppe Verdi).
Bruciando un poco il tempo venne anche il momento per don Elio di
lasciarci per un’altra destinazione. Stavo perdendo un amico e piansi.
L’anno successivo ci lasciava anche il vecchio parroco don Annibale
Cristini, poichè aveva raggiunto il limite di età.
L’estate l’abbiamo trascorsa senza sacerdoti.
Venivano i parroci o i vicari dei paesi vicini per celebrare la Messa.
Venne il mese di Settembre dell’anno 1956 e una mattina venni chiamato per
aprire le porte dell’Oratorio. Infatti dalla partenza del vecchio parroco
avevo ricevuto l’incarico, in quanto barista del bar dell’Oratorio, di
aprirlo e chiuderlo. Pertanto custodivo personalmente le chiavi.
Con grande stupore mi trovai di fronte alcune persone che non conoscevo e
portavano il mobilio del nuovo parroco.
Ci siamo dati subito da fare: vennero diverse persone, molti i giovani.
E mentre si scaricavano le masserizie notavamo la povertà e la
semplicità delle cose.
Don Erminio Goi, il nuovo parroco, fece il suo ingresso nella nostra
parrocchia il 30 Settembre e subito si mise al lavoro. Cercò di
incrementare l’Azione Cattolica e si mise a disposizione dei giovani e
dei ragazzi. Man mano che gli anni passavano si è cercato di avere anche
la sala cinematografica e, dopo avere acquistato dal signor Camillo Erba
la licenza e avere usato per un certo periodo la sua sala cinematografica,
venne il momento di camminare da soli. La prima sala adibita a cinema in
Oratorio fu l’attuale sala del bar, poi venne il salone S. Lorenzo.
Noi giovani negli anni 60/70 abbiamo usato questo salone anche per
attività teatrali. Molti si ricordano ancora gli spettacoli che
abbiamo scritto e recitato. Ricordo la nostra prima commedia musicale che
dopo molti mesi e moltissime prove siamo riusciti a portare sul
palcoscenico del teatro nel 1969 con il titolo "Arzago bene",
dove ad ogni rappresentazione venivano inserite nuove battute venute al
momento che alteravano il copione. Le risate erano alle stelle.
Per questa prima commedia avevamo "ingaggiato" un gruppo musicale
femminile facendo storcere il naso al nostro parroco, anche se il gruppo
era composto dalle ragazze dell’Oratorio di Rivolta d’Adda.
Si aspettava l’estate perchè con il ritorno dal seminario di Eliseo
(ora Arcivescovo titolare di Vibiana e Nunzio Apostolico in Camerun e
Guinea Equatoriale) trovavamo in lui un buon alleato per le nuove
idee.
Abbiamo organizzato spettacoli musicali con musiche scritte anche da noi e
in alcune di queste traspariva la speranza di un mondo migliore.
Uno di questi brani era il "canto di pace", eseguito per la
prima volta nella nostra Chiesa durante la veglia serale per la festa di
San Luigi (festa dell’Oratorio) dal complesso musicale "Ghibli"
di Treviglio. In una strofa ci si esprimeva così:
"Nella notte del mondo - una stella io cerco - la pace che bella -
non trovo Signor. ..."
Mentre nello spettacolo "Spirituals" una nostra canzone
diceva:
" Sono povero, stanco - schiacciato nel fango, - il viso
senza volto - le mani senza forza ...".
Erano gli anni della contestazione, il 68 era appena passato e noi
discutevamo nelle adunanze dei giovani di A.C del nostro avvenire e delle
encicliche "Rerun Novarum" e "Pacem in Terris". Ci
sentivamo coinvolti e nello stesso tempo consapevoli della nostra
impotenza. Questo è il motivo che ci spinse a scrivere i due brani appena
citati. Nonostante ciò eravamo allegri e le feste dell’Oratorio erano per
noi un cercare di fare qualcosa di nuovo, nuovi giochi, nuove idee. Siamo
arrivati persino a creare la mitica giostra del Saraceno.
Con mezzi di fortuna abbiamo costruito il "cattivo guerriero",
in modo che ad ogni colpo girasse senza che il ragazzo che lo colpiva si
facesse male.
Abbiamo usato per "destrieri" le nostre biciclette. Sì, la
fantasia non ci mancava. Era bello organizzare e vedere la gente contenta.
Ci si sentiva soddisfatti perchè la festa era riuscita.
Ricordo ancora le ore passate alla macchina cinematografica con pellicole
che a volte erano a pezzi a causa dell’usura e i fischi che si levavano dal
salone quando purtroppo la pellicola si rompeva.
Io dall’Oratorio ho ricevuto molto più di quanto abbia dato. L’Oratorio mi
ha formato, mi ha dato delle basi che, unite all’educazione avuta in
famiglia, hanno creato una persona completa.
Ora mi fermo perchè i ricordi diventano troppi e non basterebbe un volume
per contenerli tutti.
Chiudo queste righe rivolgendomi ai ragazzi. Lavorare per l’Oratorio vi
aiuta a crescere. Se date 10, in cambio riceverete sicuramente molto di
più di quanto avete dato. Come in tutte le attività umane a volte si può
essere incompresi, ma basta parlare, discuterne e molte cose si appianano.
La vita nell’Oratorio vi fa crescere anche culturalmente perchè,
impegnandovi per organizzare le attività, vi rende più sicuri. Soprattutto
non sarete giudicati da professori, ma voi stessi sarete i giudici delle
cose che avrete fatto e vi renderete conto che la prossima volta non
dovrete commettere certi "errori".
Felice Belloni
Fotogrammi di molti anni fa
Nel 1953, quando nacque il nostro Oratorio, avevo otto anni. Di quel
periodo mi tornano alla mente alcune sequenze. Pochi fotogrammi....
Prima sequenza
Due colpi secchi contro le persiane della mia camera da letto mi svegliano.
Si sono svegliati anche i mie genitori (dormiamo nella stessa stanza).
Mia mamma corre alla finestra e chiede:
"chi che gh'è?"
E’ il vecchio sacrestano (Pi beàt):
"'L'à dicc don Elio de mandà só Ilario a serviga la
mèsa, perchè l’oter cereghèt 'l'è mia
'egnìt. Gh'è la nef vùlta".
"Al ve söbet." Risponde mia mamma.
Mi vesto di corsa e mi precipito giù per la scale di legno che
scende [non sarà: scendono?] nel cortile ("la cort del
Cairo").
E’ ancora buio, ma no ho paura. Saltellando a fatica nella neve fresca che
mi arriva al ginocchio, raggiungo la chiesa, che sta a pochi metri da casa
mia. In sacrestia, don Elio è già pronto con indosso la
pianeta e mi dice:
"Su, dai che è tardi!"
Mi aiuta a infilarmi la veste e la cotta e andiamo all’altare...
Per me le parole di don Elio erano comandi. E non si discutevano...
Seconda sequenza
Siamo in una stanzetta del vecchio Oratorio (l’abitazione del curato don
Elio, vicino al campanile).
Viene smontato il tavolo da ping-pong. I ragazzi più grandi portano
via i due grandi pianali verdi; noi piccoli le zampe di sostegno, le
palette, le palline, la reticella e altri accessori. Si forma una
processione festosa che si dirige all’ingresso del nuovo Oratorio. Li’ la
sala per il ping-pong ci sembra immensa a confronto con la vecchia stanza.
E ci sono anche le luci al neon che diffonde una luce abbagliante... Noi
ragazzi abbiamo gli occhi che brillano di felicità...
Terza sequenza
Per smaltire il costo del nuovo Oratorio, i soldi non bastano mai. C’erano
le offerte "in busta" che le famiglie offrivano in chiesa, ma i tempi erano
da dopoguerra e c’era tanta povertà. La gente non poteva offrire
molto. E allora noi ragazzi dell’Oratorio ci organizzammo in squadre
(guidati da due infaticabili capisquadra: Gigi Messaggi e Carletto Cassani)
e girando ogni sabato per le strade e i cortili del paese raccoglievamo di
tutto: ferri vecchi, vetri, tappini, stracci, cartoni, fieno. I rottami
più ambiti erano quelli di alluminio e di ottone, che valevano di
più. Tutto veniva trasportato nel cortile dell’Oratorio e poi
venduti al rutamàt. E il ricavato di quelle vendite, goccia dopo
goccia, contribuì ad estinguere il grosso debito che preoccupava
non poco don Elio...
Poi don Elio fu mandato a fare il parroco in un altro paese... se ne
andò anche don Annibale Cristini, il vecchio prevosto...
E nel 1956 arrivo don Erminio Goi. Aveva trentotto anni. Per sottolineare
che voleva essere "il parroco dei giovani", venne ad abitare nel
nuovo Oratorio, lasciando vuota la vecchia casa parrocchiale accanto alla
chiesa.
Quarta sequenza
Di don Erminio, i mie ricordi sono un fiume in piena, e ci vorrebbe un
libro di centinaia di pagine per raccontarli tutti. Per me è stato
il maestro che ha segnato con un’impronta indelebile tutta la mia
giovinezza.
Dei suoi primi anni ad Arzago, una delle sequenze più vive che ho
nella memoria sono i giorni estivi del "Villaggio della gioia"
(così si chiamava allora il GREST).
Don Erminio, il pomeriggio, ci faceva sedere per terra, sotto il porticato,
e ci raccontava storie avventurose, che si snodavano, giorno dopo giorno
come telenovelas: fughe, agguati, esplorazioni in galleria e sotterranei,
inseguimenti tranelli, colpi di scena continui che catturavano la nostra
attenzione e ci tenevano fermi in assoluto silenzio per quasi un'ora.
Era un bravo predicatore, e nel raccontarci quelle storie ci metteva molto
calore, accompagnando con ampi gesti e con vivaci espressioni del volto le
frasi che modulava come un attore professionista...
Qui racconti avventurosi, inventati per noi da don Erminio nel cortile
dell’Oratorio, senza dubbio hanno lasciato un segno nel mio successivo
lavoro di insegnante e di scrittore per ragazzi.
Ilario Belloni
L’Oratorio ...una delle mie radici più solide
I mie ricordi precisi partono dal 1956 (sono nato nel 1949), anno in cui
ad Arzago arrivò don Erminio Goi.
Fu una vera svolta, per l’impulso dato alle attività
dell’Oratorio e per la forte personalità del nuovo parroco.
L’Oratorio era già funzionante da tre anni e per noi bambini
di allora diventò una seconda casa.
Interminabili partite di calcio, con la palla che cadeva nella
"Casirana" (non c’era ancora la cinta), si alternavano a gare di
ping-pong e bigliardino.
Il periodo migliore era l’estate con il GREST che allora si chiamava
"Il Villaggio della Gioia".
Ma per molti di noi e per me l’Oratorio
non è stato soltanto uno spazio di gioco e di svago.
Lì è avvenuta la mia formazione come bambino, adolescente e
giovane. Lì ho imparato la solidarietà, l’amicizia, il
rispetto per gli educatori pur con le fisiologiche tensioni e gli screzi
inevitabili, tipici dell’età.
Ed il ricordo torna agli amici di allora che già se ne sono
"andati": Gianni Adami (Gianino), Enrico Erba (Rico) e Pietro
Misani (Pietrulì).
A metà degli anni sessanta, nello studio del parroco, discutevamo
dei cambiamenti portati dal concilio, del ruolo della Chiesa e dell’Azione
Cattolica; del nostro essere adolescenti e giovani; delle nostre speranze e
del futuro.
Dalla biblioteca di don Erminio incomincia a leggere i libri di Muriac,
Bernanos, Maritain e scoprire personaggi come don Primo Mazzolari e don
Milani.
Poi vennero gli anni della crisi, della contestazione (1968/1969) e delle
scelte che mi allontanarono dall’Oratorio.
Ma, quando spesso col pensiero ritorno a quel periodo della mia vita,
ritengo di essere stato molto fortunato e che l’Oratorio nel quale sono
cresciuto rappresenti una delle mie radici più solide.
Vito Riva
Un oratorio originale sempreverde
Mi ha sempre colpito la dedica a S. Pio X, Papa Sarto, canonizzato in quegli
anni in cui fu costruito e che promosse la comunione frequente e la prima
comunione per i bambini dai 12 ai 7 anni, dedica rarissima, ho scoperto che
solo a Capralba in diocesi di Crema, non lontano da noi, il nuovo oratorio ha
questa intitolazione, altrimenti prevale quella di S. Giovanni Bosco o S.
Luigi Gonzaga o S. Filippo Neri o più recentemente al Beato Pier
Giorgio Frassati, tutti santi italiani legati alla pastorale, anche se dopo
la ristrutturazione recente anch’esso ha cambiato la denominazione al
più gettonato dei santi oratoriali, Don Bosco.
L’altra particolarità che mi ha sempre colpito è quella che
l’oratorio e casa parrocchiale sono sempre state in un unico complesso,
dopo l’abbandono della fatiscente Casa Prepositurale del cinquecento da
parte del nuovo Parroco Don Goi, quasi a diventare un moderno Centro
parrocchiale, come nelle nuove parrocchie di periferia delle grandi
città : l’edificio nella sua ampiezza era da considerare uno degli
oratori più belli e capienti della zona, ma non bastano i muri per
fare un’attività e quella della pastorale giovanile o della
parrocchia in genere, richiede energie nuove, progetti sempre nuovi,
collaborazioni attive.
Così, cedendo ai ricordi personali, abbiamo visto da bambini passare
in successione le attività promosse da Don Erminio Goi che
inventò il Villaggio della Gioia ( scherzosamente detto dai ragazzi
"della moia" (palude in bergamasco) oggi è diventato un
GREST, con le stesse caratteristiche umane, ludiche e didattiche dove non
c’era bambino o ragazzo che non si iscrivesse : nell’estate ogni anno
veniva eletto dai ragazzini un sindaco del villaggio e un anno mi
toccò l’incarico, mi riportarono a casa sulle spalle, tra la
meraviglia della gente per il successo, il sindaco faceva l’appello ogni
giorno segnando gli assenti e facendo l’alza bandiera nel cortile
(la bandiera bianco gialla del... ...).
Col parroco collaboravano tanti giovani animatori, in primis i seminaristi
di allora, Eliseo, Natalino,
Carmelo¹ (due Vescovi addirittura) e i
giovani Ilario e Flavio. Così poi per assicurare una pastorale
più incisiva, durante l’anno vennero mandati dal seminario
diocesano per il sabato e la domenica i seminaristi della Teologia Don
Rinaldo e Don Giuseppe per due anni. Arzago non ha mai avuto un vicario
fisso, non sembrava vero che dopo tanti anni ce ne fosse uno, e fu don
Natale che in anni di grandi cambiamenti (il ’68 e la contestazione)
portò una pastorale e uno stile nuovo e diverso, non sempre capito,
furono gli anni della "Comunità" come si chiamò
l’aggregazione giovanile creata, per la prima volta senza più la
divisione sessista tra maschi e femmine con temi nuovi e una valida
collaboratrice fu suor Pier Giovanna, comunemente chiamata suor Giovanna
aperta a tutti e vicina a tante necessità umane del paese.
Per motivi di studio ero lontano allora da Arzago, studiavo a Perugia e
poi a Roma, ma quando tornavo riprendevo a frequentare l’oratorio e a
collaborare in parrocchia, così negli anni del Liceo per alcune
estati, sotto la guida di Don Eliseo (ma per noi suoi amici sarà
per sempre "Eli" cordialmente) dinamico e coinvolgente come
sempre; si arrischiava a portare i ragazzi all’Adda a Cassano, alla
Colonia Cassanese sotto il Castello e successivamente alla piscina
Carlotta, si andava in massa a fare nuoto, una volta alla settimana
contenti della novità.
Chiusa l’esperienza di Don Natale, con l’arrivo del nuovo parroco Don
Ferdinando e del nuovo vicario Don Giuliano, fisso e a tempo pieno, si
è tornati ad uno stile oratoriano più tradizionale, tornando
alla divisione rigida tra i due oratori. Sono stati anni più
routinari e meno densi di attività maschile e femminile dei
precedenti, ma l’attività è proseguita con impegno di tanti
nuovi collaboratori laici, visto che i seminaristi d’estate non c’erano
più, essendo nel frattempo diventati sacerdoti diocesani; sono
anche gli anni settanta ottanta gli anni di crisi giovanile e sociale,
l’oratorio non attira più, anche le attività ludiche e di
svago sono ricercate altrove, nelle paninoteche e nelle discoteche, sempre
più difficile è anche mantenere l’associazionismo cattolico
giovanile che in parrocchia è sempre stato quello dell’A.C.R. e dei
giovani di Azione cattolica (prima del ’68 c’erano le Fiamme Bianche, Verdi
e Rosse, poi i Pre-iù e gli aspiranti per chiudere con i giovani di
Azione Cattolica dopo 16 anni, i tempi della mitica delegata Chiarina
Belloni e delle sue adunanze nella sua casa, in vicolo Ospedale).
Alla fine rimanemmo a fare il tesseramento dell’8 dicembre, nel 1975 solo
in tre, e all’oratorio fu chiuso il cinema comunale. Con il trasferimento
di Don Giuliano a Casirate la vita dell’oratorio si ridusse all’essenziale,
catechesi giovanile settimanale, grest estivo, Festa dell’oratorio,
ripristinata dopo qualche anno in sostituzione della Festa di S. Luigi e
delle 6 domeniche preparatorie tra settembre e ottobre, come prima si
denominava; definitivamente scomparsa la Festa di S. Agnese, a gennaio,
per le ragazze all’oratorio femminile che poi era l’Asilo gestito dalle
suore vicino al comune, festa che Don Goi nel 1958, centenario di Lourdes,
con la fiaccolata e la nuova statua della Immacolata, portò da
gennaio alla settimana dell’11 febbraio, festa rimasta fino ai primi anni
70 come festa della gioventù cattolica femminile.
Abbiamo visto l’oratorio svuotarsi, invecchiare nelle strutture, anche se
in pochi, decisi a garantire l’apertura e il funzionamento per non lasciare
il parroco Don Bruni e il nuovo vicario, Don Sergio, rimasti per solo tre
anni da soli e non sempre capiti e sostenuti dal laicato. Ci sono rimasto
con i pochi, ma attivi collaboratori (nel frattempo se ne sono andate
anche le Suore Adoratrici dopo 77 anni di presenza ad Arzago, per cui in
un anno il Parroco si vide togliere il vicario, passato a Vailate e le tre
suore; e creare laici responsabili non è facile, di punto in bianco.
L’arrivo atteso di una figura che rilanciasse la pastorale giovanile...
(nel frattempo si invitavano i vicari dei più fortunati paesi e
parrocchie vicine che tutte lo hanno sempre avuto fisso, in alcuni momenti
dell’anno per incontri sulle problematiche dell’oggi, per tenere accesa la
fiaccola fu possibile nel 1994 con la novità del diacono permanente, tra i primi della diocesi e frutto delle novità conciliari giunte con ritardo in diocesi, ma per la nostra parrocchia “come il cacio sui maccheroni”, al momento giusto e al posto giusto Don Gigi ha ripreso, con le difficoltà degli inizi, ma tanta buona volontà e pazienza una vita di oratorio e una pastorale giovanile che rischiava di essere ormai nei ricordi di quelli dai quaranta in su. Con l’arrivo del nuovo parroco Don Gianni, l’impulso a rinnovare e ristabilire si è sentito ancor più in modo rapido e deciso, un ciclone.
Ma sapendo che il tutto era in “buone mani” è venuto in questi anni
il momento di farci da parte, per pensare alla vita e società civile
arzaghese; troppo spesso lasciata vuota; la nascita delle associazioni
laiche e dei cittadini è stata una precisa esigenza, che ha colmato
un vuoto troppo grande nel tessuto connettivo di una società e di
un paese, esso non è da vedere come una contrapposizione alla vita
della parrocchia e dell’oratorio, ma come il naturale desiderio di
aggregarsi tra cittadini delle più disparate esperienze e culture,
specie in un paese come il nostro cresciuto così in fretta in 15
anni, con tanta nuova gente che deve qui pur radicarsi. C’è spazio
per tutti, bisogna "saper convivere per vivere" è l’input
che il nostro tempo di fine e inizio millennio ci dà.
Tanto più occorre attuare questo nel rispetto di tutti, fedi e
culture che sempre più si diversificano, senza perdere con questo
la nostra specificità. Auguro al nostro "oratorio
cinquantennale" che sappia con coraggio e intelligenza accogliere
questa sfida dei tempi perché sia sempre più comunità
educante e accogliente come ha sempre fatto in 50 anni di vita, oggi gli
oratori, orgoglio e specificità delle chiese della Lombardia, si
stanno diffondendo anche nelle altre regioni italiane, che non li
conoscevano, segno che sono una presenza insostituibile nei quartieri e
nei paesi grandi e piccoli dove nascono, in questi tempi di disgregazione
e forte individualismo.
Peppino Rocchi
(1)L'allora seminarista Carmelo ha trascorso l'estate dell'anno 1965
nella nostra parrocchia come aiuto dell'allora Parroco Don Erminio Goi.
Fu consacrato Vescovo il 05/01/2003 nella cattedrale di S. Luis.
Ha voluto celebrare l'Eucarestia nella nostra Parrocchia a ricordo del
periodo trascorso in mezzo a noi il 12/02/2003.
Ora è Vescovo di S. Luis in Brasile.
L’Oratorio deve resistere e esistere
Arzago d’Adda, 25-08-03
Sono lieto di portare il mio contributo alla festa per ricordare il 50°
di fondazione del nostro Oratorio. Ringrazio Don Gianni e Don Gigi
dell’invito, ma soprattutto colgo l’occasione per ringraziare e ricordare
tutte le persone che hanno guidato con responsabilità e sostenuto
con tanta passione ed entusiasmo questa grande ed affascinante idea
"L’Oratorio".
E’ più di trent’anni che frequento e partecipo alla vita
dell’Oratorio, alternando periodi di impegno a periodi un po’ distaccati,
ma sempre con una forte convinzione: l’Oratorio è stato e
sarà sempre un punto solido di riferimento per me e per la mia
famiglia.
Non ricordo un particolare momento del mio primo incontro con l’Oratorio,
ma posso dire che è sempre stato un luogo molto naturale (per la sua
funzione sociale, educativa e culturale) dove mi sono sempre trovato a mio
agio.
In questo momento di festa vorrei annotare alcune emozioni con particolare
riferimento al periodo 1974-1980:
l'Oratorio deve resistere - l'Oratorio deve esistere.
L’Oratorio deve resistere
Il 1974 è stato un anno di forti mutamenti nella vita della nostra
parrocchia, in primavera con il cambio dei Parroci tra Don Erminio e Don
Ferdinando, "ricordo il fortissimo sgomento nella Parrocchia
circoscritto anche a forti divisioni e polemiche politiche locali";
ed in autunno con l’avvicendamento tra i vicari con la partenza di Don
Natale e l’arrivo di don Giuliano.
Con la partenza di Don Natale, in oratorio si è registrato
l’affievolirsi del gruppo giovani "comunità", mentre
nella Parrocchia si aprivano nuovi scenari da coordinare, si delineava
infatti un nuovo modo di testimoniare la fede al di fuori della Parrocchia
con l’appartenenza a nuovi movimenti ecclesiali.
Partecipazione, Impegno, Responsabilità nella propria
comunità sono fattori importanti ed essenziali per un Cristiano.
Non va dimenticato che nel 1974 si è svolto il referendum sul
divorzio, contestualmente alla forte pressione sociale e culturale
esercitata dal movimento del 1968.
In questo stato di cose l’Oratorio doveva resistere, cercando di
coesistere tra una sua propria identità e l’idea di indirizzo
tracciata dalla Parrocchia "cambiare nella tradizione"
L’Oratorio attraverso il vicario Don Giuliano ha accettato la sfida,
l’Oratorio doveva ripartire e rendersi misurabile delle proprie azioni
cercando sempre di fare del proprio meglio con serenità. Ricordo il
vicario Don Giuliano, il quale non ha atteso per incominciare ad agire un
modo di vita ideale, o un ambiente perfetto, confermo invece che ha
contribuito cambiare l’uno e l’altro dal di dentro, con il suo desiderio
di semplificazione ed il suo attaccamento all’essenziale.
Don Giuliano ha saputo utilizzare con realismo gli umili mezzi che la
nostra comunità poteva offrire e mettere a sua disposizione.
Inoltre, egli ha permesso a molte e nuove persone di avvicinarsi
all’Oratorio e di prendere slancio nella loro vita, e ad ognuna di esse ha
realizzato la sua personalità spirituale.
L’Oratorio deve e esistere
Esistere voleva dire sopravvivere e per molte persone sacrifici, anche
economici per mantenere e migliorare il funzionamento dell’attuale
struttura (... tante raccolte di carta e ferro abbiamo fatto ... i pozzi
di san Patrizio ... e l’introduzione delle tombolate ...).
Esistere ha voluto dire per molti di noi partecipare attivamente alla
conduzione dell’Oratorio, farsi carico di responsabilità "per
esempio nel 1975 con notevoli difficoltà furono ricavate in Oratorio
tre stanze da adibire ad abitazione per il Vicario", e tutto questo a
permesso a molti di crescere e di rafforzare amicizie vere in mezzo a
quelle cose "normali", con cui oggi ci si emoziona ancora.
"Le feste dell’Oratorio per non dimenticare, rigorosamente animate
con le sfide tra
Albrich e Funtanele²,
il torneo di calcio del sabato
pomeriggio aspettando le magie di Pio Magni e Pepi Mazzoleri, le
interminabili partite o partitine nel tardo pomeriggio dopo la scuola o
dopo il lavoro, il cinema domenicale con l’infaticabile Luciano, il
campeggio estivo, il Grest, la preparazione dei carri di carnevale nella
massima economia, accettando sempre il confronto con l’Oratorio di
Calvenzano guidato dall’allora vicario don Eliseo, le gite primaverili, le
feste del Seminario a Cremona e gli esercizi con pernottamento a Caravaggio
ecc. ecc. ".
Vorrei appuntare come grande momento di forte comunità espressa da
tutto il paese, l’azione di solidarietà promossa dall’Oratorio in
favore delle popolazioni del Friuli Venezia Giulia in particolare nel
Comune di Gemona a seguito del disastroso terremoto del 6 maggio 1976.
Infine, un ultimo flashback su due figure carismatiche, che hanno in quel
periodo la nostra educazione in Oratorio oltre al vicario ed al Parroco
don Ferdinando: la Sign.ra Maria Bigoni e Don Flavio.
Ricordo il loro impegno ed il loro desiderio di lavorare per la vocazione
familiare, promuovendo l’educazione cristiana dei bambini e dei ragazzi,
ed il loro ruolo all’interno della Chiesa famiglia.
Con il loro impegno hanno testimoniato e rilevato il Dio dell’amore agli
uomini, per mezzo della parola e dell’esempio, vivendo e lavorando sia
individualmente sia in gruppo al servizio della nostra comunità
Parrocchiale.
Questa è la mia positiva esperienza vissuta in Oratorio, per di
più in un’epoca in chi la Chiesa ha perduto progressivamente la sua
rilevanza culturale e sociale.
Ritengo, che oggi dobbiamo tutti insieme riaffermare con forza le
intuizioni luminose che hanno dato vita a questa affascinante idea
chiamata "Oratorio", rimarcando il sorprendente ritorno
d’interesse per la sua utilità sociale, soprattutto quando si hanno
a disposizione strumenti, esperienze ed argomentazioni convincenti.
GiacomoCattaneo
(2)Erano i due "Rioni Storici" nei quali si divideva il paese.