Mons. Elio Testa Ricorda la nascita dell'Oratorio
Dal Volumetto:"Oratorio
S. Giovanni Bosco 1953-2003"
l'Oratorio compie 50'anni.
Scrivono di lui gli Educatori.
Facciamo memoria di una grande gioia...
Cremona 10 Luglio 2003
Fare memoria della nascita di un ambiente educativo, l’Oratorio, dove i
bambini, i giovani hanno trovato la realtà di un affetto famigliare,
oltre che la possibilità di godere una vita illuminata dalla luce
nuova della comunità, e fare memoria di una grande gioia e
felicità del mio cuore sacerdotale. Fu davvero un’impresa non certo
facile: giovane sacerdote alla presa con una realtà più
grande e più impegnativa per la sua preparazione a questo genere.
Eppure era necessario: non era possibile sentire la presenza giovanile di
ragazzi e bambini, in una sola stanza rubata alla mia abitazione, pur
piccola e vecchia a tal punto da non avere addirittura quanto era
necessario. Su questa strada, con interrogativi particolari ringraziando,
innanzitutto, la Provvidenza di Dio, sempre presente, ho trovato le
indicazioni ben chiare, che mi hanno spinto verso una nuova costruzione:
l’appoggio pieno di tutte le famiglie e l’entusiasmo commuovente e
operativo dei giovani. L’uno e l’altro non mi hanno lasciato mai solo.
Questo è il ricordo più commuovente ed emozionante che tengo
nel mio cuore. Avuto in dono dalla nobile famiglia De Capitani, il terreno
ove sorge, tuttora, l’Oratorio, senza perdere il tempo, si cominciò
a fare progetti di costruzione e progetti di finanziamento. Per onorare la
giustizia, devo dire che il primo ringraziamento va al defunto vescovo
ausiliare Monsignor Rota che si è reso disponibile, con paterna
bontà, per sciogliere difficoltà incontrate durante il
cammino di costruzione. Ringrazio con profondo senso di riconoscenza tutte
le famiglie che, in diverso modo hanno dato la possibilità di
costruire l’Oratorio. Un ultimo ringraziamento lo devo, con gioia, ai
giovani, diversi di essi già passati all’Oratorio Eterno, altri
già nonni che godono di portare i loro nipotini all'Oratorio.
Si può dire, senza mancare di rispetto a nessuno, che l’Oratorio
è un dono lasciato alla comunità dalle famiglie e dai
giovani. La memoria del passato è sempre una grande luce e calore
che si proiettano sull’avvenire. Ancora oggi, più di ieri,
ringraziando l’amore e l’entusiasmo di chi lo sostiene, l’Oratorio, pur
in tempi diversi, conserva sempre un richiamo a fare comunione, una
spinta continua nel ricercare ciò di cui tutti hanno bisogno, dei
veri valori essenziali e indispensabili nella vita; nel godere di una
ricchezza spirituale per affrontare il cammino di ogni giorno che prepara
una scelta illuminata dalla verità e dalla carità.
E’ questo il mio augurio: la speranza che ogni cuore coltiva, in tutti
coloro che frequentano la casa dei giovani, sia sempre un richiamo di un
lavoro illuminato dalla fede che possa costruire nella comunità
parrocchiale un amore sempre più vero di condivisione e di una forza
sempre più evidente di testimonianza.
don Elio Testa
ad Arzago dal 1951 al 1955
Oratorio Casa di tutti
Ho svolto la mia missione ad Arzago per 7 anni, dal 1974 al 1980.
Ricordo ancora che, nella prima predica fatta il giorno del mio arrivo in
parrocchia, dissi questa frase: "il primo amore non si scorda mai".
Oggi, a più di vent’anni dalla mia partenza da Arzago, mi sento
ancora di sottoscrivere quella frase: gli anni passati tra voi rimangono
fra i ricordi più cari della mia esperienza di sacerdote.
Giunsi in parrocchia in un momento piuttosto difficile, eravamo vicini al
sessantotto e i fuochi della contestazione giovanile non si erano ancora
spenti del tutto. Anche la realtà dei giovani di Arzago era segnata
da questi problemi e inizialmente mi sembrò difficile portare avanti
qualsiasi proposta.
Decisi di cominciare dall’essenziale: costruire una comunità
giovanile attraverso la quale raggiungere e sensibilizzare anche i
genitori. Bisognava portare il Vangelo a tutti, nonostante i tempi
difficili e anche se a volte poteva sembrare un’impresa ardua.
Con l’entusiasmo che mi veniva anche dalla giovane età e dal
trovarmi all’inizio della mia esperienza di prete mi misi all’opera.
Cercai di far crescere il gruppo parrocchiale di Azione Cattolica, con
un’attenzione particolare all’A.C.R.. Inoltre, con l’aiuto di alcune
persone generose cercammo di aprirci ai bisognosi, dando vita a una specie
di gruppo Caritas.
In parrocchia c’era un gruppo di simpatizzanti di Comunione e
Liberazione: anche con loro ho cercato di collaborare e tenere aperto il
dialogo.
Forse l’esperienza che più ci ha uniti, nonostante le
diversità, è stata la mobilitazione per la raccolta di aiuti,
seguita al terremoto in Friuli. In quell’occasione ricordo che veramente
tutti i gruppi si unirono con entusiasmo e operarono in comunione tra loro.
In quegli anni l’Oratorio era veramente la casa di tutti; nessuno si
sentiva escluso, tutti potevano dire la loro, purché alla base di
tutto ci fosse il rispetto reciproco. Rimangono indimenticabili le lunghe
ore passate a discutere, d’inverno intorno alla stufa del bar, nella bella
stagione, fuori seduti sul marciapiede, avendo come unico intento il bene
della gioventù.
Altre iniziative che molti ricorderanno, promosse dall’Oratorio in quegli
anni furono le gite, in particolare quella ad Assisi per il Calendimaggio,
i campeggi, i Grest.
Tentammo anche il rilancio dell’attività della sala Cinematografica
e per un po’ le cose sembravano funzionare; poi la situazione creatasi con
l’avvento delle TV private e il deterioramento della struttura spinsa i
responsabili, qualche tempo dopo la mia partenza per Casirate, a deciderne
la chiusura.
Con tutti questi ricordi mi sembra superfluo ripetere che porto Arzago
sempre nel mio cuore. E concludo questi pensieri augurando che il nostro
Oratorio possa sempre essere casa e punto di riferiment, anche per le
generazioni future.
vostro don Giuliano Valiati
ad Arzago dal 1974 al 1980
Ricordo di un clima semplice e spontaneo
Santuario di Caravaggio 15/07/2003
Ripensare ai miei quattro anni, dal Settembre 1983 al Settembre 1987,
trascorsi nella comunità cristiana di Arzago, è anche
ricordare i primi passi della mia vita sacerdotale. Quando iniziai il
mio ministero in questa comunità di S. Lorenzo, compresi ben presto
che la vita dell’Oratorio non era una realtà a sé, ma era
colta dai ragazzi come un tutt’uno, più che con la parrocchia, con
il paese in cui vivevano e stavano crescendo. Ho sempre sentito un orgoglio
da parte di chi frequentava l’Oratorio per questa struttura o edificio,
tanto che spesso mi sentivo rinfacciare che l’Oratorio era loro
proprietà. Questo veniva soprattutto sottolineato nei momenti di
contrasto o tentativo di correzione educativa.
Se devo esprimere un grazie sincero agli arzaghesi e ai giovani che
"sostavano" in quegli anni nell’Oratorio fu per il clima che si era
creato tra il prete e i giovani, clima semplice e spontaneo. Dopo un
primo impatto di conoscenza reciproca, questo clima è andato, di
mano in mano emergendo. Per cui a un frasario, a volte scorretto, bastava
che il vicario, o meglio il "vichi", come erano solito chiamarmi,
dicesse il termine "parole", e questi automaticamente si autocorreggevano.
Momenti belli sono stati gli appuntamenti con l’attività del
"Grest", le feste dell’Oratorio, che sono andate crescendo come
intensità. Non sarebbe corretto se non mettessi in risalto le
carenze educative e spirituali che ho incontrato in quegli anni: la
catechesi ai giovani non è mai decollata, non so se per una
proposta poco incisiva, o piuttosto per un rifiuto generalizzato legato
al dopo Cresima.
Invece erano partecipate le messe e le giornate di ritiro spirituale
che si svolgevano tre volte all’anno presso le suore. Va precisato,
anche per amore del vero, che era una minoranza dei giovani che
partecipavano all’Eucarestia della Domenica, pur gravitando attorno
all’Oratorio.
Come si può cogliere sono emerse luci e ombre: grandi itinerari di
impegno cristiano, che sono un po’ comunque i nostri sogni di sacerdoti,
non sono maturati o non si sono espressi in quegli anni, credo però
che l’Oratorio abbia permesso, se non a tutti i giovani, almeno ad una
parte di trovare un posto di sosta che ha forse evitato problematiche
giovanili devastanti.
Un ricordo doveroso al parroco don Ferdinando, che oggi si fa preghiera,
mi auguro corrisposta da lui nella pace di Dio, che mi ha sempre sostenuto
e si entusiasmava per le piccole e grandi iniziative che l’Oratorio
volta per volta proponeva.
Don Sergio Recanati
Ad Arzago dal 1983 al 1987
La Parola del Parroco
Arzago 29 Agosto 2003
Non può passare inosservata la ricorrenza dei 50 anni di vita del
nostro oratorio: una targa all’ingresso dell’edificio scandisce il tempo:
"8 Dicembre 1953": allora era chiamato "Oratorio S. Pio X", ora
"Oratorio S. Giovanni Bosco". Per il vero, un oratorio già
preesisteva, all’ombra del campanile in due stanzette della casa del
vicario in via Porro.
L’intraprendente vicario don Elio Testa non poteva, certamente, adeguarsi
a una simile sistemazione. In seguito alla donazione del terreno da parte
della nobile famiglia del marchesato De’ Capitani d’Arzago, si diede il
via ad una costruzione di un ambiente del tutto nuovo. Per la popolazione
di 1200 abitanti, quanti ne faceva allora Arzago, paese prevalentemente
agricolo che ruotava attorno alle sue tradizioni religiose, il nuovo
Oratorio fu, senza dubbio, un’impresa coraggiosa e oculata, destinata a
dare forma alla comunità cristiana e al paese. Infatti il futuro
di una parrocchia dipende dall’oratorio.
Nella memoria degli anziani è ancora vivissimo il ricordo della
fatica, anche se da tutti condivisa, per il peso economico.
Solo Dio può misurare il bene compiuto dal nostro oratorio in
questi 50 anni. Egli è li a testimoniare la passione e l’impegno
della comunità arzaghese la quale ha ritenuto "fondamentale" nel
senso più stretto ed etimologico della parola, l’azione educativa
dell’Oratorio per la comunità e nello stesso tempo dice la stima
per i ragazzi e i giovani, visti non come parte della società,
ma l’atra società che è già nata e sta maturando.
Ora la parrocchia è cambiata, meglio è in continuo
cambiamento. Arzago si è più che raddoppiato; si sono
avvicendate generazioni, mentalità diverse. Cambiati sono anche i
contenuti culturali. Affiorano alla mentalità nuove; nella
parrocchia si introducono stili di pastorale nuovi.
I ragazzi e i giovani stessi sono cambiati: sentono il malessere del
benessere. Sono più svegli, dal punto di vista intellettuale e nei
modi di esprimersi, ma meno maturi, dal punto di vista del
affettività, fragilissimi nei sentimenti, incapaci a gestire prove
e frustrazioni. Dal punto di vista della fede, è calata di molto
la pratica della vita cristiana, tuttavia immense e sofferte sono le
domande di vera religiosità. Si trovano come ad un bivio, sembrano
ad un passo sia della indifferenza sia della fede. Assetati di valori,
nonostante le apparenze, sono "pellegrini dell’assoluto".
La loro scelta di fede, però, non riesce ad essere totalizzante,
definitiva, gioiosa. Non sono senza ideali, semmai senza resistenza sui
lunghi itinerari che portano alla conquista dei valori. Neppure sono senza
Dio, semmai sono senza parole per invocarlo chiamarlo per nome.
Sorge allora una domanda: ma l’Oratorio è ancora in grado di dare
una risposta a questi interrogativi, a queste attese; può essere
ancora di aiuto la loro ricerca di significato della vita?
Se l’Oratorio è pensato, voluto e gestito, come è stato
pensato, voluto e gestito dai suoi grandi fondatori: S. Filippo Neri, S.
Giovanni Bosco e tantissimi altri: sacerdoti, religiose e laici, che anno
dedicato la vita a educare i giovani in Oratorio facendolo diventare
"luogo di vita", rispondo: "Si".
L’Oratorio di Arzago, come quasi tutti gli Oratori, è nato con la
sala giochi, il bar, le aule di catechismo, il campo sportivo, la cappella,
il teatro: luogo di vita.
Cosi scrisse il vescovo Enrico Assi in ("orientamenti pastorali anno 1986
Oratorio: comunità di fede e di vita cristiana") l’Oratorio non
intende offrire ai ragazzi cose, ma valori; non solo gioco, ma formazione;
non solo sport, ma preghiera; non solo divertimento, ma amicizia; non tanto
svago, quanto stimolo all’impegno; non evasione, ma educazione alla
fedeltà al proprio dovere; non un progetto educativo vago, incerto,
minimale, ma un progetto cristiano nella sua pienezza e
autenticità; non nozioni religiose, ma amicizia con Gesù.
In questi mesi la commissione affari costituzioni del senato, ha approvato
in via definitiva, la legge sugli oratori. Una norma che riconosce, anche
sul piano giuridico, ciò che per noi educatori e famiglie, era da
sempre scontato. Gli oratori sono presenza, realtà educativa e
svolgono nello stesso tempo un’insostituibile funzione sociale.
Voglia il Signore, per intercessione della Vergine Immacolata e di S.
Giovanni Bosco, che questa gioiosa ricorrenza porti un supplemento di
impegno e di entusiasmo al nostro Oratorio.
Don Gianni